1 Luglio 2021

La conciliazione col lavoratore della Congregazione Religiosa: il CAEE

Spesso le Congregazioni Religiose e le Case Generalizie hanno alle loro dipendenze una serie di collaboratori sia per le esigenze proprie della “conduzione della casa”, sia per aspetti amministrativi e di tipo impiegatizio (come, ad esempio, i collaboratori di fiducia degli Economi generali).

Così, proprio come le realtà produttive, anche le organizzazioni di scopo e universalistiche come la Chiesa hanno esigenze di gestione del personale. In particolare, la nascita, la conduzione e la fine di un rapporto, a prescindere dalla natura del datore di lavoro (nel nostro caso, una CR), andrebbero sempre accompagnate dalla consulenza di un esperto, per evitare di commettere errori o dimenticanze che potrebbero esporre la CR in futuro a richieste di risarcimento o altri tipi di addebiti.

Oggi ci occuperemo della parte che più si presta a criticità durante un rapporto di lavoro: la sua conclusione, che può avvenire a seguito di dimissioni o di licenziamento, e che costituisce un momento delicato, da trattare con particolare attenzione.

Più nello specifico, considerato il diritto del lavoro nell’ordinamento italiano, il datore di lavoro dovrebbe preoccuparsi di definire in via tombale ogni interruzione dei rapporti di lavoro dipendente, per evitare future recriminazioni e richieste di pagamenti da parte del lavoratore. 

In questi casi è utile ricorrere a sistemi come il CAEE® (Conciliazione e Arbitrato per Enti Ecclesiastici) che forniscono un contesto professionale e neutrale per risolvere o prevenire i dissidi, senza le lungaggini e i rischi tipici di una controversia dinanzi al tribunale del lavoro.

Il dipendente litigioso

Per esempio, si pensi ad un dipendente di una congregazione religiosa che, licenziato dal proprio posto di lavoro per ripetuti comportamenti scorretti nei confronti delle consorelle o dei confratelli (per disubbidienza, negligenza nello svolgere le proprie mansioni o anche comportamenti violenti), minacci vertenze nei confronti della CR per ottenere una liquidazione più alta o il pagamento di differenze retributive. 

Il dipendente potrebbe addurre di aver lavorato molto più di quanto stabilito contrattualmente o di aver svolto mansioni di livello più altro, rispetto a quelle per le quali è stato assunto, e che quindi gli spetterebbe una retribuzione più alta.

In casi come questo è bene evitare la vertenza giurisdizionale. In particolare, per quanto possano sembrare “ingiuste” alla CR, che si è sempre comportata correttamente e in buona fede nei confronti del dipendente, è opportuno valutare le pretese del lavoratore, soprattutto se non sono eccessive, ed è opportuno confrontarle con le possibili conseguenze in sede giudiziaria, anch’esse da valutare attentamente, perché potrebbero essere molto pesanti per la Congregazione Religiosa, in caso di soccombenza, soprattutto in considerazione di una giurisprudenza sempre più favorevole ad accogliere le doglianze dei dipendenti.

Il CAEE®, un sistema costruito specificamente per gli Enti Ecclesiastici, consente di valutare i rischi e di trovare una soluzione conciliativa e tombale. In particolare, al rigido formalismo delle sedi conciliative ministeriali (come l’Ispettorato Territoriale del Lavoro) si preferiranno l’ascolto profondo e l’empatia che caratterizzano i professionisti della mediazione. Anche il dipendente potrebbe chiarire meglio le proprie pretese, proprio perché ascoltato in una sede predisposta a tale scopo: i conciliatori e gli arbitri hanno la capacità di tradurre le accuse e le colpevolizzazioni in termini di bisogni, decomprimendo il clima astioso del conflitto, e consentendo un confronto più sereno, da cui può scaturire una soluzione soddisfacente per tutti.

Pertanto, presso un ente di conciliazione:

  1. il dipendente troverà un professionista terzo (l’incaricato del CAEE nel nostro caso) pronto ad ascoltare le sue ragioni e a fargli chiarire le reali intenzioni, nonché l’ammontare delle sue pretese;
  2. la CR troverà un luogo in cui vi sarà una possibilità di ulteriore confronto col dipendente, “mediata” dalla presenza di un soggetto terzo e super partes;
  3. il lavoratore e la CR troveranno la possibilità di risolvere la controversia senza lungaggini processuali;
  4. la CR in particolare avrà la garanzia della chiusura definitiva della controversia, senza rischio di recriminazioni future, essendo comunque presente un soggetto dotato del potere pubblico di garantire la validità della transazione, come un rappresentante sindacale.

Il dipendente conciliante

Ma la possibilità di rivolgersi al CAEE® può essere un’ottima scelta anche in caso di rapporto di lavoro chiuso in via amichevole.

Per esempio, si pensi a un dipendente che si dimette per motivi personali (come il trasferimento in un’altra città) e che non avanzi particolari pretese al momento del pagamento dell’ultima busta paga e/o delle dimissioni.

In un caso simile a questo sembrerebbe che il dipendente abbia “rinunciato” a far valere le proprie eventuali ragioni, e che si congedi cordialmente dal rapporto di lavoro senza pretendere nulla di più di quanto già riconosciutogli dalla CR.

In realtà non è proprio così, infatti l’art. 2113 del Codice civile prevede che le transazioni intercorse nell’ambito del rapporto di lavoro sono sempre impugnabili entro sei mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro stesso (o della transazione stessa, se successiva alla risoluzione del rapporto). 

Quindi, anche se la CR facesse firmare al dipendente una quietanza a “saldo e stralcio” dei diritti vantati sulla base della posizione lavorativa, tale transazione (o rinuncia) non avrebbe valore alcuno, se venisse impugnata entro i sei mesi successivi, per esempio se qualcuno istigasse il lavoratore a cambiare atteggiamento, vantando pretese opportunistiche.

Perciò anche in tali casi è preferibile che l’interruzione del rapporto di lavoro si concluda dinanzi ad un organismo che produca un accordo certo e stabile.

Dikaios ha creato il CAEE® proprio con questo scopo. Perciò vi invitiamo a contattarci, se avete bisogno di chiarimenti in merito e se pensate che qualche attrito con i dipendenti possa peggiorare in futuro.

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